Gianna Jessen sarà presente al primo dei Quaresimali 2015
Chiesa di san Pio in Imola, Martedì 24 Febbraio ore 20:45

Credo che molti di voi abbiano avuto modo di vedere, come feci anch’io alcuni anni fa, il filmato su internet girato il giorno 8 settembre 2008 nell’aula magna del Parlamento australiano della città di Melbourne, la Queen’s Hall dello stato di Victoria. Si trattava della testimonianza, diretta e sorprendente, di una donna americana di 31 anni, che era già stata chiamata in precedenza per 2 volte a parlare di sé, della sua storia e della sua vita, al Sottocomitato Giudiziario del Congresso degli Stati Uniti sulla Costituzione, prima il 22 aprile 1996 e poi il 20 luglio 2000 e in seguito anche alla Camera dei Comuni del Regno Unito.

Alla fine del 2008, nello stato australiano di Victoria si doveva votare la revisione di una legge per liberalizzare l’aborto, e prima di questa data (8 settembre 2008) non vi erano dubbi sull’esito che avrebbe avuto questa votazione, tanto che le principali catene di cliniche abortiste americane (fra le quali la più grande, Planned Parenthood che all’epoca fatturava 70 milioni di dollari all’anno) avevano stipulato pre-accordi al fine di ottenere poi in tempi brevi, dopo l’approvazione data per scontata della legge, licenze e concessioni governative per l’uso condiviso di strutture ospedaliere pubbliche. Ma qualcosa andò storto; alla successiva votazione la legge in questione, contro ogni pronostico e ogni attesa, non passò.

Accadde infatti che una giovane donna, che quel giorno di settembre 2008 era arrivata con evidenti difficoltà fisiche a raggiungere il microfono di quell’aula parlamentare, parlò per 20 minuti, senza leggere appunti e guardando sempre negli occhi le tante personalità presenti quel giorno nell’aula.

Non aveva timore, né poteva dimenticare ciò che era stata chiamata, su invito, a testimoniare quel giorno poiché non si trattava di esporre dati, analisi oppure opinioni, ma si trattava di raccontare la sua stessa vita, a partire proprio dal suo inizio di bambina non voluta e nata nonostante il tentativo di aborto dopo 30 settimane di gestazione da parte della madre che l’aveva concepita.

La barbarie che era stata stabilita su di lei, cioè un aborto tardivo eseguito tramite soluzione salina nell’utero che acceca, corrode e uccide il feto, che viene poi partorito morto, le viene praticata in modo puntuale e spietato, perché così aveva deciso la madre biologica diciassettenne, ma nonostante 18 ore di esposizione alla soluzione corrosiva, la mattina del 6 aprile 1977 nasce per miracolo una bambina viva, anche se la mancanza prolungata di ossigeno le causerà una paralisi muscolare e cerebrale.

Adottata poi a 3 anni, superò molte delle difficoltà motorie indotte dalla paralisi e riuscì in seguito a camminare senza tutore, seppure sempre con difficoltà. Oggi gira il mondo testimoniando la sua storia, chiedendo alle donne di riflettere meglio su ciò che viene loro spacciato come un diritto e chiedendo agli uomini di essere tali, cioè di non aver paura di amare le loro mogli e i frutti di questo amore.

Rivendica, citando lei per prima la sua storia, il diritto fondamentale di nascere per i neo-concepiti, testimoniando con la forza di chi, come lei, porta sul corpo le conseguenze di quei tentativi di soppressione.

Nella falsità ingannevole dello slogan che sempre recita: «Libertà di scelta, la donna ha diritto di scegliere”, questa giovane donna ricorda invece a noi e al mondo intero come nel frattempo la sua stessa vita di bambina veniva soppressa nel nome dei diritti della donna. E questa è la frase scioccante su cui si gioca tutta l’ingiustizia dell’aborto, cioè la presunzione disumana che pone il diritto di scelta di una donna al di sopra del diritto alla vita dell’essere umano che viene soppresso.

Abbiamo fatto quasi l’abitudine alle testimonianze di madri che abortendo hanno poi toccato con mano il vuoto e il dolore straziante che tale atto comporta, il cosiddetto “effetto collaterale persistente”, così come non ci sono nuove le testimonianze di conversione di molti medici ex-abortisti che, per Grazia di Dio, hanno compreso che nel loro sì alla vita era contenuta anche la salvezza della loro stessa vita.

Questa donna è sopravvisuta al tentativo di aborto subito, una voce che fino ad oggi non si poteva ascoltare,  perché nessuno può parlare dopo che lo si è ucciso, a meno che non si tratti di una bambina, che oggi è una donna, alla quale l’intervento di Dio abbia voluto concedere questo dono, proprio perché noi l’ascoltassimo.

E lei questo dono ricevuto lo ha preso sul serio, perché la sua tenacia e la forza della sua testimonianza sono tali che, riconoscendone personalmente l’impegno ed il coraggio, il presidente George W. Bush firmò il 5 agosto 2002 il “Born-alive Infants Protection Act”, un documento storico che per la prima volta nella storia degli USA imponeva cure mediche obbligatorie ai bimbi nati vivi anche da tentativi di aborto, che prima invece venivano soppressi o comunque lasciati semplicemente morire.

Per dare ancora un’idea della tenacia e del coraggio di questa donna, basti dire che, nonostante le sue difficoltà fisiche, nel 2006 ha voluto partecipare e concludere la Maratona di Londra (lunga 42 km) proprio per testimoniare ai media presenti di tutto il mondo l’incredibile ed inarrestabile forza della vita. Su di lei sono uscite in Italia una biografia nel 1999 e poi un film nel 2012 liberamente ispirato alla sua storia (October Baby) che probabilmente molti di voi conoscono.

La Beata Madre Teresa di Calcutta disse di questa donna che Dio la sta usando per ricordare al mondo che ogni essere umano è prezioso per Lui e che era evidente in lei la forza dell’amore di Gesù.

 

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